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La sala Beckett ha ormai compiuto e superato i venti anni di vita. Ma perché e come è nato questo piccolo teatro? Quando accadono eventi disastrosi come lo fu, per San Lorenzo, l’alluvione del 1998, occorre non solo rimboccarsi le maniche per rimettere in piedi un territorio duramente provato, ma serve ancora di più individuare una linea guida che diventi insieme un obbiettivo e uno strumento di rinascita. Il paese, per le profonde mutazioni che aveva subito a partire dagli anni sessanta era ormai un crogiolo formato da successive e massicce immigrazioni, il che rendeva difficile la riscoperta di radici comuni capaci di dare slancio alle attività di ricostruzione. Si può sempre ricostruire qualcosa che è stato anche ferocemente danneggiato, più difficile ricostituire un tessuto sociale che già in precedenza presentava gli strappi causati dal mescolarsi di tradizioni diverse e talora persino distanti. Sinteticamente l’idea guida scelta fu il ricostruire pensando ad un nuovo paese a misura d’uomo in cui fosse piacevole vivere e, per raggiungere l’obbiettivo, si fece ampiamente ricorso all’arte nel senso generale di cura del particolare e inserimento di opere capaci di durare nel tempo fino a divenire un’identità su cui tutti potessero riconoscersi. 
In questo quadro è nata anche la sala Beckett che è soprattutto una piazza ideale in cui una piccola comunità potesse, anche qui nel tempo, celebrare i propri momenti di condivisione. Alla sala Beckett si diede anche la forma dell’antico teatro greco, luogo in cui, il bene ed il male venivano messi in scena per ricondurre tutti alle radici stesse della propria umanità. 
Fu inserito anche un albero nell’ambito della sala, per collegare l’idea umanistica al mondo contemporaneo. Il ficus nitida che vive in sala Beckett è il muto testimone del tempo e della vita immaginato dal grande drammaturgo nel suo ‘Aspettando Godot’ e presiede alla collaborazione tra diverse volontà e passioni che in questi vent’anni hanno onorato e variamente interpretato l’idee guida iniziale. 
La strada da compiere è ancora lunga e questo era ampiamente previsto nell’idea iniziale. Come ci insegnano spesso le molte opere rappresentate in teatro, nulla si crea senza fatica e tempo. Per ora, le diverse amministrazioni che si sono succedute hanno cercato di sostenere il tentativo di ricostruzione trasformandola in quotidianità, in questo caso aiutate dalla grande passione profusa dalla compagnia teatrale che ha trovato casa in sala Beckett. Un ringraziamento a loro è dunque doveroso come è doveroso e piacevole ringraziare anche tutti coloro che, inconsapevolmente magari, hanno contribuito alla rinascita di un paese: il pubblico attento e a sua volta appassionato della stessa sala Beckett.
Franco Bianchi
Marina Avegno
Paolo Tornatore


Caro Albero,

è da tanto che volevamo scriverti, ma senza un perché rimandavamo come quando possiedi un bene che è lì e sei sicuro che sempre resterà lì, a scaldarti il cuore e ad accarezzarti l’anima.
Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?
E’ stato tanto tempo fa, vent’anni fa per la precisione, ma non scorderemo mai lo stupore che provammo e la forte emozione nel vederti lì, in uno spazio inusuale per te, ma in una cornice perfetta e così unica, da renderci increduli.
Poco più alto di noi, con la tua verdissima chioma e il tuo tronco giovane ma solido, ci hai da subito messi a nostro agio e accolti sotto i tuoi rami. 
Abbiamo percepito un fremito tra le tue foglie, lieve ma deciso e d’istinto ti abbiamo abbracciato. 
Non finivamo di guardarti, di accarezzare il tuo tronco, di cercare di vedere fin dove arrivassero le tue radici, se fossero ben piantate, se ci fosse abbastanza terra, per poter affondare il più possibile e per garantirti forza e stabilità.
In quel momento abbiamo stretto un patto: noi ti avremo dato acqua, luce, riparo e tu la tua energia, la tua forza, il tuo calore, la tua saggezza, la tua melodia… per costruire insieme un grande sogno!
Il sogno lo abbiamo realizzato, costruendolo giorno dopo giorno, tanti amici sono arrivati nella tua casa: Cloris, Ascanio, Maria, Laura, Giorgia, Saverio, Ulderico, Davide, Mario, Dalila, Pino, Rosario… e tanti tanti altri… e sotto le tue fronde hanno dato vita a momenti magici, quante storie, quanti racconti, quante riflessioni e costruzioni di pensieri nuovi, quante emozioni e lacrime, brividi, ma anche risate a crepapelle… quanta bellezza.
E i bambini? Quanti hanno giocato sotto i tuoi rami e con te hanno scoperto la magia del teatro, i loro occhi hanno brillato… il silenzio ha regnato e poi l’esplosione delle risate e degli applausi sfrenati.
E il pubblico? 
Ad ogni tuo richiamo, sono arrivati puntuali, entusiasti, curiosi di scoprire l’incantesimo che gli avresti riservato. Ti hanno applaudito, ti hanno fotografato, si sono stretti a te, come ad un amico caro che ti conosce, al quale non neghi mai la tua presenza, perché sai che ha sempre in riserbo per te una sorpresa che non ti delude mai.
Grazie caro Albero per quello che hai fatto e siamo certi continuerai a fare, per tutti noi, perché con i tuoi rami ci ripari dalla noia, dalla mestizia e dal convenzionalismo. Con il tuo ossigeno ci fai respirare aria nuova e rigenerante, con le tue radici rinvigorisci, potenzi e rafforzi te stesso e tutti noi che ci nutriamo di arte e di bellezza.
Grazie a colui che con una sensibilità unica e con grande generosità ti ha voluto, scelto e piantato lì.
Grazie a tutti coloro che amministrano la tua casa, perché in tutti questi anni hanno creato le condizioni perché tu crescessi così forte.
Noi con il nostro amore e la nostra dedizione continueremo a darti acqua e luce!
Franco, Paolo, Loredana e Carlo



teatro dell albero 2

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